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I. C. N°1 "A. ORIANI"

Viale Vittorio Emanuele III, Sant' Agata de' Goti (BN)

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Sant’Agata de’Goti
Antica cittadina con pregevoli opere d’arte, in bella posizione su una terrazza tufacea tra due affluenti del fiume Isclero. E’ importante centro ortofrutticolo con varie risorse industriali e artigianali.
Secondo gli studi storici più accreditati, sorge sul luogo dell’antica SATICULA, città sannitica ai confini della Campania, ricordata nel 343 a.C, quando durante la prima guerra sannitica vi si accampò il console Cornelio, il quale, rischiò di perdere l’esercito e fu salvo grazie all’abilità di Decio. Nel 315 a.C, durante la seconda guerra sannitica, Saticula fu assediata dal dittatore Lucio Emilio e fu presa da Quinto Fabio; nel 313 vi fu dedotta una colonia e durante la seconda guerra punica rimase fedele a Roma. Meno fondata appare la tesi che identifica Sant’Agata con l’altra città sannitica di PLISTIA.
Il nome attuale, Sant’Agata de’Goti, risale al sec. VI d.C, allorché i Goti, sconfitti nel 553 d.C. nella battaglia del Vesuvio, ottennero di rimanere nelle loro fortezze come sudditi dell’impero: una colonia di Goti si stabilì qui. La città fu presa dai Longobardi e fece parte del ducato di Benevento; nell’ 866, come alleata ai Bizantini, fu assediata e presa dall’imperatore Ludovico II; nel sec. X divenne sede vescovile. Nel 1038 vi si rifugiò Pandolfo IV di Capua, insieme col vescovo Basilio di Montecassino, per sfuggire a Corrado II: aiutato dai Bizantini vi si difese per nove anni. Nel 1066 se ne impadronirono i Normanni e nel 1230 passò al Papa Gregorio IX; all’inizio del sec. XIV Bartolomeo Siginulfo, conte di Caserta, la vendette al provenzale Isnard de Ponteves; nel 1343 fu concessa a Carlo Artus, figlio naturale di re Roberto e marito di Andreana Acciaiuoli.
Nel 1400 appartenne ai Della Ratta, nel 1528 agli Acquaviva, quindi ai Cosso fino al 1674; nel 1696 l’acquistò Marzio Carafa duca di Maddaloni, alla cui famiglia rimase fino all’eversione della feudalità. La diocesi di Sant’Agata de’ Goti, suffraganea dell’archediocesi di Benevento, risale a epoca molto antica. Nel 960 la sede vescovile fu ripristinata con la nomina a vescovo di Madelfrido. Tra i vescovi che sedettero sulla cattedra di Sant’Agata sono da ricordare particolarmente Felice Peretti (1566-72), poi Papa col nome di Sisto V, e Sant’Alfonso de’ Liguori (1762-75), dottore della chiesa e fondatore della congregazione Redentorista.

La pianta della città è a semicerchio col diametro diretto da sud a nord lungo la sponda del torrente Martorano, e misura 1 Km in lunghezza. Per una visita non molto superficiale dell’interessante patrimonio artistico e ambientale della città sono sufficienti cinque ore.
Entrando nell’abitato per la via Caudina, si trova subito il largo Annunziata, ad aiuola, in cui prospetta a destra la chiesa dell’Annunziata, fondata nel 1238, riedificata ed ampliata nel sec. XIV secondo i canoni dell’arte gotica: recenti lavori di restauro (1960-76) hanno messo in luce in più punti le strutture di quest’epoca. All’esterno spiccano i finestroni dell’abside; la facciata conserva un ricco portale marmoreo del 1563, della scuola di Annibale Caccavello: nella lunetta è una Annunciazione a basso rilievo.
Del 1565 è il grande portone d’ingresso in legno mirabilmente restaurato ultimamente da un artigiano locale.
L’interno è a una navata sorretta ai lati da archi con soffitto a capriate ricostruito di recente su residui di quello originario; l’abside è quadrangolare, con costoloni cilindrici che convergono alla chiave di volta ad anello con due grandi monofore. La chiesa, un modello di conservazione e manutenzione, si è arricchita di una splendida serie di 16 vetrate a colori eseguite su disegno di Bruno Cassinari.

A sinistra, dopo la chiesa dell’Annunziata, vi è la chiesa di S. Menna (eremita del sec. VI vissuto sul Taburno, le cui spoglie mortali furono trasportate qui), riedificata e ampliata alla fine del sec. XI per ordine di Roberto conte di Capua, consacrata da Papa Pasquale II nel 1110 e di recente restaurata. All’esterno, sotto il portico che precede la chiesa, conserva il portale originario con archivolto romanico, decorato da un festone di foglie e due teste di leone.
Una scritta latina invita il fedele che entra a pentirsi dei peccati e ricorda a tutti che la chiesa, fondata e abbellita dal conte Roberto, è sotto la giurisdizione del Papa. L’interno è a tre navate divise da antiche colonne, delle quali due scanalate, con capitelli di spoglio altomedievali e romanici; il tetto è a capriate.

Nel pavimento, e specialmente nell’abside, resti notevoli di pavimento musivo cosmatesco a figure geometriche, del primo decennio del sec. XII, uno dei più antichi databili con certezza dell’Italia meridionale. Anche la chiusura del presbiterio, sopraelevato, è a mosaico e della stessa epoca.
I restauri condotti alcuni anni fa hanno rimesso in luce alle pareti resti di affreschi dei sec. XIV e XV.
Va infine osservata una lastra di Sarcofago del secolo VII, incastrata nella faccia anteriore dell’altare.

Seguendo la via Roma subito si allarga a sinistra nella piazza Ludovico Viscardi (giureconsulto di Sant’Agata, 1802 – 1872), nella quale si trova la Chiesa di Sant’Angelo de Munculanis, fino a pochi anni fa ritenuta una anonima costruzione settecentesca. Fonti di archivio e la solerzia del priore della confraternita hanno reso possibile riportare alla luce una struttura medievale.
I sondaggi prima e i lavori di consolidamento e restauro poi, curati dalla Soprintendenza ai beni ambientali ed architettonici di Caserta, hanno liberato all’interno cinque colonne a fusto liscio tutte di spoglio come testimonia la differenza sia di altezza che di materiale, con altrettanti capitelli databili probabilmente ad epoca medioevale. All’esterno, in asse con la navata centrale, è stato ripristinato l’ingresso originario sotto il campanile aperto con due bifore romaniche dal capitello a gruccia, sorretto da due colonne a motivi stellari di fattura altomedioevale al di sotto di un arco di tufo a sesto lievemente ogivale. Sotto la navata centrale è stata individuata e liberata dai numerosi resti mortali la cripta con sepolture “a scolatoio” come pure sono state messe in luce le monofore originarie nella muratura della navata centrale.

Più avanti, proseguendo brevemente per la via Roma, vi è la chiesa di S. Francesco, del 1267, rifatta completamente nel ‘700.
Nell’interno, a una navata con cupola, alla parete d’ingresso si trova l’interessante tomba di Ludovico Artus, conte di Sant’Agata e di Monteodorisio, morto nel 1370.
Consta di un sarcofago su otto colonnine tortili abbinate che ha nel lato anteriore tre tondi con tre figure a bassorilievo della Pietà; nel lato destro S.Luigi di Francia, nel sinistro, S.Ludovico di Tolosa; sopra la figura giacente del defunto, sotto, il baldacchino goticizzante sorretto da due colonne tortili.
Sulla parete a destra dell’ingresso è è un affresco (Madonna del latte) del primo ‘400; al primo altare destro, Annunciazione di Tommaso Giaquinto (1702), del quale sono anche gli affreschi con storie bibliche; il soffitto è a cassettoni dorati (10); dal terzo altare sinistro sono stati trafugati tempo fa tre frammenti raffiguranti la Madonna col Bambino e i SS. Antonio Abate e Francesco: un trittico di Angiolillo Arcuccio del 1483. La chiesa è interessata attualmente da un restauro già realizzato ottimamente sulle coperture e sul sistema di sospensione del cassettonato. Si attendono i risultati di sondaggi e i successivi lavori alle strutture sotto il piano calpestio che daranno sicuramente nuove conoscenze del monumento.
All’esterno della chiesa di S. Francesco, a destra, vi è il vicolo Santo Spirito che divide la stessa dal monastero delle Redentoriste; nel muro perimetrale di quest’ultimo, vi è un portale cinquecentesco del vescovo Diotallevi, costruito per la propria residenza in campagna; in seguito, verso il 1770, (secondo il Viparelli) S. Alfonso lo fece collocare nell’attuale posizione per arricchire la struttura del monastero.
Più avanti ancora a destra si apre la piazza Umberto I col monumento a Sant’Alfonso de’ Liguori, che fu vescovo di Sant’Agata dal 1762 al 1775, opera di Cesare Aureli (1923); nel lato sinistro della piazza è l’Episcopio; dietro al monumento, il seminario e la chiesa di S.Maria di Montevergine. Poco dopo si sbocca nella piazza Sant’ Alfonso, con fontana, ove a destra sorge il Duomo (Assunta), fondato nel 970, rifatto all’inizio del sec. XII, restaurato nel 1728-55 e nel secolo scorso.La facciata è preceduta da un pronao, costituito da 12 colonne antiche con capitelli corinzi, delle quali quattro (2 di esse a spirali) ai lati del portale mediano; questo conserva ancora il primitivo arco romanico simile a quello della coeva chiesa di S.Menna.
Il resto del portico presenta aggiunte barocche e inserimento di materiali di spoglio come l’iscrizione sul lato sinistro che recita: A Caio Giulio Cesare figlio di Caio – Imperatore Triumviro della Repubblica costituenda come Patrono – per Decreto dei Decurioni -; e l’epigrafe sepolcrale inserita sul lato esterno a sinistra della facciata del seguente tenore: Sacro agli dei Mani – A Numerio Oppio Saturnino, suo marito, pienamente meritevole, (la moglie) fece (questo sepolcro).
A sinistra si leva poderoso il campanile. L’interno, vasto e luminoso, a croce latina a tre navate divise da pilastri, con numerose cappelle adornate di decorazioni barocche a stucco e con notevoli altari in marmi policromi, contiene una serie di interessanti opere d’arte.
La Chiesa conserva pure delle tele settecentesche, alcune firmate da Giuseppe Tomajoli, Tommaso Giaquinto e Saverio Persico.
Sotto il presbiterio c’è la Cripta importante testimonianza della chiesa romanica del sec. XII; le volte e gli archi poggiano su 12 colonne, in gran parte di spoglio: 6 di esse sono adorne di capitelli tardo – antichi, 3 di capitelli medioevali e 3 di capitelli romanici, con bassorilievi ad animali mostruosi, angeli, cavalieri affrontati ed altre figure; alle pareti vi sono affreschi del ‘300: Crocifissione, Deposizione, Noli me Tange-re, 2 Madonne, S.S. Cristoforo, Michele, Giovanni Battista e il Papa Gregorio Magno

Si ringraziano:
la Pro Loco e il Presidente Claudio Lubrano
Maria Viparelli
Mario Argento
Alfonso Maddaloni
Don Antonio Abbatiello
ed un ringraziamento particolare a Riccardo lommazzo e Gerardo Perillo

Sarcofago 2